GIUSEPPE SANTALCO desidera dare un contributo di conoscenza su una materia che, fino allo scorso aprile, l’ha visto impegnato in posizioni di responsabilità.
La condotta del fiume Alcantara entra nel territorio cittadino nei pressi di Giampilieri, nel cui torrente omonimo “Siciliacque” fa defluire l’acqua per il “troppo pieno”. Uno spreco che, a suo tempo, documentò con delle fotografie e che lo indusse a chiedere alla commissione territorio ed ambiente dell’ARS di essere audito: era il 2012, consegnò al suo presidente la documentazione fotografica raccolta ed ottenne dalla deputazione regionale messinese che vi partecipava l’impegno ad intervenire. Peraltro, alcuni mesi fa, i gruppi consiliari del centrosinistra hanno indetto una conferenza stampa cui è stata invitata la deputazione stessa, che si è fatta carico del problema, tant’è che gli onorevoli Greco e Panarello hanno poi presentato una interrogazione all’Assessore regionale competente.
Da dirigente responsabile del settore la sua preoccupazione era che la città restasse senza acqua nell’eventualità di un mancato apporto idrico del Fiumefreddo, e ricorda che l’acquedotto dell’Alcantara è l’acquedotto storico di Messina, progettato allora da tecnici comunali e finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Acquedotto che ha fornito acqua a costi sostenibili fino a che la Regione ha creato la società mista pubblico – privata “Siciliacque”, cui sono stati ceduti tutti gli acquedotti d’interesse sovraprovinciale; tale società ha chiesto ed ottenuto dalla Regione una tariffa unica di 0,69 euro a metro cubo, ingiustificata nel caso dell’acquedotto dell’Alcantara per essere questo tutto a caduta e privo di significativi costi di energia.
I consiglieri più anziani ricorderanno che il Comune e l’AMAM ottennero dalla Regione una compensazione, perché l’AMAM non riusciva a sostenere quel costo, superiore al prezzo finale dell’acqua pagato dai cittadini. Ciò nonostante, l’AMAM non fu in grado di coprire il debito maturato nei confronti di “Siciliacque” e, alla fine, decise di non acquistare più l’acqua dell’Alcantara. “Siciliacque”, pertanto, non rifornisce più Messina, ma garantisce il rifornimento di altri Comuni della costa ionica ed è costretta, venuta meno la richiesta della città, a versare l’acqua eccedente nel torrente Giampilieri.
Oggi i nodi vengono al pettine e la deputazione regionale messinese dovrebbe poter ottenere da una società a partecipazione regionale una tariffa più bassa per la città, che soffrirebbe se si verificasse un’interruzione del Fiumefreddo, che da sei mesi peraltro assicura un apporto idrico minore. Ancora, ferme restando le responsabilità di gestione delle precedenti Amministrazioni comunali che hanno governato le società partecipate alla stregua di feudi politici e non come bracci operativi dell’Ente, il Comune deve porsi il problema di garantire alla città un rifornimento idrico sufficiente e di riprendere la fornitura di acqua da parte di “Siciliacque”. Il Consiglio comunale deve agire su due direzioni, nei confronti della Regione e nei confronti del Sindaco e dell’assessore al ramo, affinché anche questi ultimi esercitino pressioni sulla Regione stessa.
Da anni, poi, il Comune non stanzia un euro per rimodernare gli impianti idrici cittadini, ormai obsoleti, le cui perdite arrivano quasi al 50 per cento del totale. L’AMAM ha redatto e trasmesso al Comune un piano di investimenti che, però, finora non ha avuto seguito.
Quello dell’acqua è l’ennesimo problema che sono chiamati ad affrontare, personalmente l’ha fatto quando ha potuto, “fotografando” una situazione al limite dell’illecito penale.